Si allena sulle colline polverose di Hashtgerd, a 65 chilometri da Teheran, dove se casca non ci sono ambulanze nelle vicinanze, ma almeno non rischia che le requisiscono la moto
La passione per le due ruote – come Shafiei stessa ha raccontato in un servizio tv su Jamejam – le è nata a 15 anni quando, in vacanza con la famiglia in un villaggio povero all’interno del paese, assistette alle prodezze di una ragazza in sella a una 125cc («guardandola ho pensato: “voglio guidare anch’io una motocicletta. E le ho chiesto di insegnarmi a guidare la sua»). Incoraggiata dalla madre e dal fratello, con i primi stipendi da contabile ha poi potuto comprato la sua prima moto, una 180cc Apache, e da poco più di un anno il motocross è diventato la sua unica occupazione, grazie a insegnamento, formazione e ricerca di sponsor. Negli ultimi 15 anni questa ragazza che copre i capelli biondi con il casco molto più spesso che con il velo, ha gareggiato più volte all’estero, negli Emirati Arabi e negli Usa (in Italia, in occasione del Rides Women Festival 2015, a Milano ha chiesto di conseguire la patente, ahimé senza successo: doveva conoscere la lingua), ma è nel suo paese che vuol restare. «Spesso quando mi tolgo il casco – ha aggiunto nell’intervista tv – molti rimangono sorpresi, anche se non ho mai visto una reazione negativa. Anzi, le donne fanno il tifo per me, apprezzano il mio coraggio». Come spesso accade gli uomini sono più avanti delle loro leggi. Ed è per questo che con il pensiero fisso a Laleh Seddigh, prima donna pilota campionessa iraniana, l’ orgogliosa Shafiei continua a correre più veloce dei pregiudizi.